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Sull’istanza di rimessione in termini ex art. 153 c.p.c.

Circa l’istanza di rimessione in termini, giusto orientamento giurisprudenziale consolidato sul punto (ex plurimis, Cassazione civile sez. un., 18/12/2018, n.32725), ai fini dell'ammissibilità è necessario, non solo che la parte istante dimostri di essere incorsa in decadenza per causa ad essa non imputabile, ma anche che l'iniziativa della parte che chieda di essere rimessa in termini sia tempestiva e cioè che l'istanza si manifesti come immediata reazione al palesarsi della necessità di svolgere un'attività processuale che le è ormai preclusa, avendo dunque l'onere di adoperarsi con sollecitudine, attivandosi non appena viene a conoscenza della situazione che giustificherebbe la sua rimessione in termini.

Con Ordinanza n. 29757 del 15 novembre 2019, la Cassazione Civile Sezione Lavoro é tornata ad occuparsi del tema della tempestività dell’istanza di rimessioni in termini ex art. 153 II comma c.p.c.

Sul punto, la Corte di Cassazione, precisa:

“è noto che la rimessione in termini, tanto nella versione già prevista dall’art. 184 bis c.p.c., quanto in quella di più ampia portata prefigurata nel novellato art. 153 c.p.c., comma 2, presupponga la tempestività dell’iniziativa della parte che assuma di essere incorsa nella decadenza per causa ad essa non imputabile, da intendere come immediatezza della reazione della parte stessa al palesarsi della necessità di svolgere un’attività processuale ormai preclusa (Cass. 11 novembre 2011, n. 23561; Cass. 1 marzo 2019, n. 6102)…”

Da ultimo, sempre la Suprema Corte (Cassazione civile sez. III, 11/11/2020, n.25289) ha ribadito il principio per cui la rimessione in termini presuppone che la parte incorsa nella decadenza per causa ad essa non imputabile si attivi con tempestività affermando:

“La rimessione in termini, sia nella norma dettata dall'art. 184-bis c.p.c. che in quella di più ampia portata contenuta nell'art. 153, comma 2, c.p.c., presuppone che la parte incorsa nella decadenza per causa ad essa non imputabile si attivi con tempestività e, cioè, in un termine ragionevolmente contenuto e rispettoso del principio della durata ragionevole del processo.”

Sul punto si è espressa anche la Corte d’Appello di Bologna con Sentenza n. 208/2019 del 16/01/2019 (Dott. Giampiero Fiore):

“Premesso che la doglianza dell' appellante circa la non pertinenza del principio giuridico richiamato dal Tribunale per respingere l' istanza di rimessione in termini per la produzione documentale è generica, va comunque rilevato che l' istanza è tardiva.

Nel caso di specie, è pacifico, in quanto ammesso anche da Soc. C.XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX coop. a r. l., che i documenti di cui l' appellante chiede l' ammissione sono di formazione successiva rispetto al maturare delle preclusioni istruttorie in primo grado; tuttavia, non può non rilevarsi che fra il momento di venuta ad esistenza degli stessi (9/04/2008 e 11/06/2008) ed il deposito della comparsa conclusionale contenente l'istanza in esame si sono tenute ben quattro udienze, nello specifico, le udienze del 18/11/08, del 2/02/2012, del 28/11/13 e del 27/02/14 (udienza di precisazione delle conclusioni ) , in relazione alle quali non è stato minimamente allegato il motivo per cui l' attore non abbia, pur potendolo, provveduto alla produzione dei documenti.

L' ingiustificata inerzia tenuta dall'appellante, peraltro per un considerevole lasso di tempo, si pone in aperto contrasto con l' orientamento della Suprema Corte in materia secondo cui "La rimessione in termini, tanto nella versione prevista dall' art. 184-bis cod. proc. civ., quanto in quella di più ampia portata prefigurata nel novellato art. 153, secondo comma, cod. proc. civ., presuppone la tempestività dell' iniziativa della parte che assuma di essere incorsa nella decadenza per causa ad essa non imputabile, tempestività da intendere come immediatezza della reazione della parte stessa al palesarsi della necessità di svolgere un' attività processuale ormai preclusa . " (Cass. 23561/2011).”

L'art. 153 c.p.c. è norma di stretta interpretazione ed applicazione, in considerazione delle conseguenze che l'uso improprio dell'istituto della rimessione in termini potrebbe comportare sul piano della imperatività e della vigenza della legge.

In ragione di ciò l'istituto della rimessione in termini, richiede la dimostrazione che la decadenza sia stata determinata da una causa non imputabile alla parte, perché cagionata da un fattore estraneo alla sua volontà.

La causa non imputabile alla parte, che consenta di accogliere l'istanza di remissione in termini, consiste in un fatto, esterno alla sfera di controllo della parte o del suo difensore, che deve essere specificamente allegato e spiegato nella sua efficienza causale.

“L’accoglimento dell’istanza di rimessione in termini, preordinata al deposito di documenti istruttori, è subordinato alla prova che la decadenza sia stata determinata da una causa non imputabile alla parte in quanto dettata da un fattore estraneo alla sua volontà, del quale è necessario fornire la prova ai sensi dell’art. 294 c.c.” (Corte di Cassazione, Ordinanza n. 17729/18)